LA CONQUISTA DELL’
IDENTITA’ SESSUALE
DIVENTARE
GRANDI, DIVENTARE UOMINI
di Mario Pollo
pedagogista, docente all’Università salesiana e alla Lumsa
Riproduzione
parziale dal n. 65 di "Noi, genitori & figli" del 29/6/2003
Disorientati,
confusi, senza modelli. Sono numerosi gli adolescenti italiani che si rivolgono
a una persona di fiducia - può essere il medico di famiglia, lo psicologo del
consultorio, un insegnante particolarmente vicino – per confessare la sensazione
di non essere "normali". Di essere attratti, cioè, da individui dello stesso
sesso.
Molte famiglie partecipano della stessa angoscia: credono di cogliere delle
"stranezze" nel comportamento dei figli maschi, ne sono spaventate e spesso non
sanno a chi chiedere consiglio. Anche per rispondere a queste preoccupazioni
abbiamo chiesto al pedagogista Mario Pollo di riflettere sull'identità sessuale
maschile e sulla sua affermazione.
Qualche tempo fa una ricerca condotta dal consultorio adolescenti
dell'Università di Pisa metteva in luce il forte aumento di adolescenti maschi
che ponevano agli operatori dei consultori la domanda: "Dottore, sono gay?".
La grande maggioranza di quegli adolescenti ai successivi esami cimici non
manifestava il possesso di alcuna caratteristica omosessuale.
Perché allora si ponevano questa domanda? Quale era l'origine di questo loro
dubbio?
L'ipotesi che avanzai in occasione della pubblicazione di quella ricerca per
spiegare l’origine del dubbio era che questi adolescenti, probabilmente, non
avevano incontrato nel loro percorso di crescita figure significative maschili
di identificazione, a cominciare da quella paterna.
Questo perché all'interno della socializzazione primaria, che è il processo
attraverso cui l'essere umano costruisce la sua personalità e in cui giocano un
ruolo fondamentale i processi di identificazione con la madre e con il padre,
oggi si constata o l'assenza del padre o la sua presenza con un ruolo più
assimilabile a quello materno che a quello tipicamente paterno. Se a questo si
aggiunge che nella scuola, che nella socializzazione svolge un ruolo
complementare a quello della famiglia, il bambino incontra quasi esclusivamente
figure educative femminili, si comprende il perché un numero sempre maggiore di
adolescenti viva una profonda incertezza nella comprensione e nella definizione
della propria identità di genere.
L'ECLISSE
DEL MASCHILE SIA IN FAMIGLIA SIA NELLA SCUOLA
Si potrebbe quasi parlare, in molti casi, di una sorta di eclisse del maschile
sia nei processi educativi familiari che in quelli scolastici. A proposito di
questi ultimi si deve, infatti, osservare che non vi sono quasi più maestri
maschi e che anche il numero degli insegnanti maschi nella scuole medie
inferiori si fa sempre più esiguo.
Un bambino che già vive l'esperienza del padre assente rischia, quindi, di non
incontrare mai figure educative maschili. Questo rischio il bambino lo corre
anche in altri luoghi educativi, come quelli ecclesiali, dove, ad esempio, i
catechisti sono quasi tutti di genere femminile.
La scomparsa del padre e dei suoi sostituti dall'educazione sfocia nelle
difficoltà che nell'adolescenza, età in cui si consuma la lotta per la conquista
dell'identità, un numero sempre maggiore di maschi incontra nel definire la
propria identità di genere. Molte omosessualità sono il risultato di questa
identificazione mancata con il padre, o con un suo sostituto, favorite anche dal
fatto che i modelli culturali socialmente dominanti oggi nei Paesi
economicamente più sviluppati tendono a favorire, valorizzandole, le unioni
affettive e sessuali sterili, con l'affermazione quindi di una sessualità che
non ha al centro il dono della vita.
IL PADRE E’ TALE SOLO QUANDO ASSUME RESPONSABILITA’ VERSO IL FIGLIO
…
TALVOLTA E’ IL
MONDO ADULTO AD APPARIRE POCO ATTRAENTE
Per capire l'attuale scarsa significatività degli adulti è necessario ricordare
che la prima caratteristica che rende un adulto significativo agli occhi dei
ragazzi e degli adolescenti è la sua capacità di essere se stesso al di là degli
schemi in cui i ruoli sociali tendono a imprigionarlo. Infatti, l'adulto segue,
quasi sempre, la prescrizione di vivere in funzione dei propri ruoli sociali:
lavorativi, famigliari, politici, associativi, sessuali, relazionali, ecc. Il
suo essere adulto sembra esprimersi esclusivamente nella capacità di essere
fedele a questi ruoli. Ruoli che nella sintesi dell'esistenza personale
diventano "il" ruolo. La fedeltà ad esso diviene
una sorta di programma di vita che vincola le possibili scelte dell'adulto e,
paradossalmente, blocca ogni sua possibile ulteriore trasformazione in senso
evolutivo. In questo caso "il ruolo" diventa l'unica, o perlomeno dominante,
fonte di identità.
All'adulto, che non vuole essere prigioniero della parte che recita, si chiede
di liberarsi progressivamente dai condizionamenti e dalle richieste del suo
ruolo sociale.
NECESSARIA LA
RISCOPERTA DELLA RESPONSABILITÀ EDUCATIVA DEI PADRI
Egli deve cercare, cioè, le ragioni della sua identità nella sua interiorità più
intima e profonda e non solo nel suo apparire nella scena sociale. Un adulto
capace di vivere questa ricerca di sé è un adulto che, nonostante tutte le
sconfìtte e gli insuccessi cui può andare incontro, può essere assunto come
modello.
Specialmente se a questa ricerca egli aggiunge la capacità di vivere la propria
vita come una storia il cui senso nasce dall'intreccio tra presente, memoria e
sogno di futuro e in cui i ragazzi e gli adolescenti si sentono percepiti come
futuro gravido di speranza; di confrontarsi con il mistero della morte e di
accettare la propria finitudine;
di trascendere il piano dell'utilità attraverso i valori e di accettare il
mistero e lo scacco del dolore come porta stretta di accesso alla propria
crescita umana; di dare attraverso il gioco dei limiti (norme e regole) una
forma concreta all'espressione del desiderio delle nuove generazioni.
Da quanto detto emerge chiaramente come una "prevenzione" dell'omosessualità, in
particolare di quella maschile, così come una sua terapia, passi attraverso la
riscoperta della responsabilità educativa degli adulti maschi e, quindi, dei
padri. Una riscoperta capace di far sentire le nuove generazioni depositarie di
un dono, che attraverso la generatività, biologica e spirituale, esse devono
trasmettere al futuro. Questo signifìca necessariamente anche la riscoperta
piena della sessualità come dono di vita.