UNA … PRODUZIONE DELLA 2E

 

L’alfabeto

del NATALE

 

A come Ambo, B come Bambinello, C come Colloqui (c’entrano, c’entrano), D come Dolci, e via nataleggiando: tutte le voci di una Festa più che mai santa, attesa e … insidiosa.

 

 

A come Ambo! Lo grida il nonno, o lo zio, o il parente spiritoso, chiamato da chi ha il tombolone. Non è che la battuta faccia ridere. E’ che bisogna farla. Per forza. E’ la tradizione. E’ il Natale. Che sarebbe Natale senza la tombola? E senza il nonno, lo zio o il parente spiritoso che dopo il primo numero urla: Ambo!?

 

 

 

B come Bambinello. Lo discutono, lo negano, lo rimuovono, lo buttano giù. Pure, ogni anno Lui ricompare, perché non è mai andato via. Basterà anche un solo bimbo che lo porterà nella mani tremanti alla mangiatoia, la mezzanotte della Vigilia, e il Bambinello conserverà intatto il suo Senso.

 

 

 

 

C come Colloqui. Okay, apparentemente non c’entrano col Natale. Eppure c’entrano. Cavolo, se c’entrano. Dal 15/16 dicembre per noi dello ‘Sforza’ si spalanca un bivio. La strada sbagliata non porta al Natale, ma a un bel po’ di calci nel sedere da parte di mamma e soprattutto di papà. Meritati, a quel punto. Ma non per questo meno dolorosi.

 

 

 

 

D come Dolci. Carteddàte, sanacchiùdele, purciedde, pettole zuccherate e così via. Tutti buonissimi. Le nostre mamme e le nostre nonne li preparano con cura. Ma, mentre stiamo per mangiarli, bussano alla porta. Inutile dirlo, è l’esercito dei parenti, autoinvitatisi senza preavviso. Avete presente le formiche rosse? Dalle dita, sconsolata, una pettola ci scivola via, giù sino ai pantaloni. Come una lacrima.

 

 

 

 

E come Euro. Quelli che chiediamo alle nostre nonne. Assediate da tutti i nipotini, esse iniziano a rispondere che di soldi non ce ne sono, c’è la crisi, i prezzi aumentano, eccetera. Poi, al momento di giocare a carte, tirano fuori due o tre rotoli di banconote e cominciano a puntare venti Euro alla volta. Vincono, pure. Il che riaccende in noi qualche speranza. Allora ci riavviciniamo con sguardo implorante. E loro, che già se lo aspettano: “Nipote mio, non c’è una lira”. Una lira magari no, ma un Euro?

 

 

 

 

F come Fucile. A Natale, mio padre prende il Fucile, sale in terrazza e spara un colpo in aria; poi rientra e dice: “Figlio mio, quest’anno niente regali: Babbo Natale si è suicidato”. Sarà anche vero che poi resuscita, ma succede sempre troppo tardi.

 

 

 

G come Grazie! La parola magica di ogni volta che riceviamo un regalo. Come per dire: “Ora che hai fatto il tuo dovere, te ne puoi anche andare”.

 

H come Hdde. Anzi, Hdeva. Com’erano belli i Natali di un tempo. Ci sono sempre sette – otto genitori e una novantina di parenti pronti a raccontare dei bei tempi andati, quando ogni casetta aveva un camino, nessuno voleva male a nessuno, non esistevano le guerre, l’aria era pulita, tutti sorridevano a tutti e anziché le auto si parcheggiavano le renne. Non come Hde adesso. Va bene, l’H è un conto e l’acca un trucco, ma trovatela voi una voce natalizia (italiana) che cominci con la mutina. Più muta che mai.

 

 

 

I come Imboscati. I più furbi. Forse i migliori. Una vita consacrata all’arte dell’Imboscamento. Quando c’è da apparecchiare, prendere le sedie, portare i tavoli, sono in bagno con il mal di pancia. Quando c’è da fare la spesa, andare al (super)mercato, caricare e scaricare la legna, sono in camera per una telefonata. Quando c’è da far entrare i parenti che bussano, salutarli e fare conversazione, semplicemente non si sa dove siano: sono usciti, non ci sono, eppure c’erano, anzi no, non ci sono mai stati, non sono mai esistiti. Quando c’è da scartare i regali, gli Imboscati sono lì, sorridenti, guariti e perfetti. Prontissimi. Ne dubitavate?

 

 

 

 

L come Lenticchie. Non ci piacciono, eppure siamo obbligati a mangiarle. “Portano soldi”. Sì, come no. A voi è mai successo?

 

M come Merry Christhmas: sono le parole che ci dice ogni volta nostro padre vestito da Babbo Natale. Equivalgono a: “Queste dolci parole sono il tuo regalo di Natale”. A quel punto corriamo in camera a piangere. Non sono lacrime di commozione.

 

 

N come Neve. Quella che vorremmo ogni anno e che non arriva mai. Al suo posto solo una fredda, scocciante, interminabile pioggerella. Resta solo una soluzione: andare in montagna. Ma quando arriviamo, il Natale è già finito. Noi lì, fuori dall’albergo. Qualcuno intona “Bianco Natal” e si becca uno scarpone in fronte. In quel momento si mette a piovere.

 

 

 

O come Ora. Anzi, l’Ora. La mezzanotte. Quella finta, la sera del 24 verso le 22, i bambini devono andare a nanna, ma bisogna fargli fare la processione col Bambinello e allora il papà trucca le lancette e decreta: è giunta mezzanotte! Quella vera, la sera del 31. Si comincia a litigare su chi abbia l’orologio più preciso, e si scoprono discrepanze anche di 40 minuti. Infine si decide di affidarsi a quello della Rai. Ma, allo scoccare dell’Ora, il tappo dello spumante resta dov’è, è troppo duro, non si smuove, datemi una pinza! Chi è quell’idiota? E allora, ‘sto brindisi? Troppo tardi.

 

 

P come Panettone. Come Pandoro. Anni e secoli col ‘tipico’ dolce natalizio, sempre uguale a se stesso: con uva passa, coi canditi o senza niente. Poi, di colpo, sono arrivate le varianti, cioè i farciti: mousse di cioccolato, gocce, zabaione, caffè, crema chantilly, al limone, al limoncello, al Grand Marnier e così via. Proprio sicuri che si stava meglio quando si stava peggio? Certo, ancora può succedere che la mamma compri un triste Pandoro Melegatti più asciutto del deserto. Ma a quel punto basta prendere il bisturi e trapiantargli un paio di chili di Nutella.

 

 

 

Q come Questa volta. Questo Natale. Queste vacanze. Santi propositi di ogni anno. Questa volta mangerò di meno, studierò di più, farò tutti i compiti, non tirerò le Minerva ai gatti e non darò fuoco alle tende con le stelle filanti, non barerò tastando i numeri bassi quando ho il tombolone, non metterò il piede sugli euro caduti ai giocatori, che poi li cercheranno invano, non ruberò le cioccolate dall’albero, non resterò a letto sino a mezzogiorno, non farò l’Imboscato quando mamma ha bisogno di braccia, non mi calerò giù dal balcone per sfuggire al ganascino dei parenti.

Questa volta, Questo Natale, giuro che andrà così. Q come Quasi. Quasi così.

 

 

 

R come Regali. Ogni anno gioiamo quando li vediamo tutti impacchettati sotto l’albero. Ma una volta aperti… Cos’è? “Il pupazzo di Zorro, a nonna”. E noi: “Nonna, abbiamo 15 anni, come minimo il videogioco di Zorro, Play Station 3 e TV al plasma da 42 pollici”. La nonna a quel punto ci guarda e resta muta. I suoi occhi dicono: mio nipote si è rimbecillito. Era tanto un bel bambino.

 

 

 

S come Scopa, il mezzo di trasporto della Befana. Probabilmente anche quello del futuro. Sfreccia oltre il traffico incurante degli automobilisti, che protestano per il mancato rispetto della segnaletica. Visto il costo delle auto, perché non approfittarne? Con gli ecoincentivi buoni sulla rottamazione. Befanizziamoci, ci conviene.

 

 

 

T come Ti sei fatto alto! O Ti sei fatto basso, curvo, intelligente, scemo. Più spesso: Ti sei fatto largo! Di solito: Ti sei fatto grasso! A Natale piombano dall’Alaska o dal Lombardo-Veneto parenti mai visti né sentiti, oppure visti e dimenticati. E allora, T come: Ti ho visto nascere! Ti ho visto crescere! Noi lì, a cercare di capire perché dobbiamo chiamare zio il cugino del bisnonno del parrucchiere di nostra madre. T come: Ti piace, quindi, la pastasciutta, eh? Noi che pensiamo: presunto zio, ma io mica ti sto facendo notare che somigli all’omino Michelin, e che tu mi sa che la pastasciutta te la strafochi con tutta la pentola. T come Tortura: questa. Esclusivamente, immancabilmente natalizia.

 

 

 

U come ultima. Giuro, questa è l’Ultima volta che gioco. Davvero, questa è l’Ultima volta che mi faccio fregare. Eppure, con la matta ero sicuro di vincere il banco, ma non ho fatto sette e mezzo e il cartaro invece sì, maledetto, con sei carte, che c…ombinazione. È l’Ultimo Natale che gioco al piattino, dopo quindici carte basse ho detto pozzo: ed è uscito l’asso. Era l’Ultimo del mazzo. Non sono stato meglio, per questo.

 

 

 

V come Varva. Eh? Il prof non crede alle sue orecchie. V come cosa? Sì, prof, V come la Varva di Babbo Natale. Risate generali. Un attimo di perplessità, poi il prof decide di unirsi. Era una battuta. Era una battuta?

 

 

Z come Zampone. Con le lenticchie, di cui abbiamo (s)parlato alla lettera elle. Ma da un rapido sondaggio scolastico abbiamo scoperto che, negli anni, la tipica portata natalizia ha conservato il nome e abolito lo Zampone. Sono rimaste solo le lenticchie, che dunque ormai si chiamano ufficialmente Zampone Con Le Lenticchie. Al licenziato Zampone bisognerebbe domandare se sta percependo la cassintegrazione. O la disoccupazione? Fa anche rima, ma non è molto natalizia.

 

 

 

 

AUGURISSIMI DALLA 2E !!!

 

PS: Si ringrazia per la collaborazione, volontaria e no, la 2D.