LA GRAVINA DI PALAGIANELLO

IL FENOMENO GRAVINA

Foto di Gianluca Andreassi

Le gravine, formazioni naturali dalle caratteristiche inconsuete ed eccezionali, sono il segno distintivo del paesaggio e della morfologia della Provincia Ionica. Le gravine comprese nelle Province di Taranto, Brindisi, Lecce e Bari sono oltre trecento, e la sola Provincia di Taranto ne conta più di centocinquanta.

 Le gravine si formano in corrispondenza del salto orografico che, dai 400 metri di altezza dell'altopiano murgiano, porta ai 50 - 100 metri dove comincia la fascia costiera. Lungo tutto il perimetro dell'altopiano murgiano valloni più o meno paralleli si diramano verso il mar Ionio e verso l'Adriatico: sono caratterizzati da una pendenza più lieve in direzione della costa adriatica (e sono detti lame), più scoscesi e profondi sul versante ionico (gravine).

L'attuale morfologia del territorio è il risultato di processi sviluppatisi nel corso di milioni di anni sulle rocce e sull'ambiente in cui le rocce stesse si sono formate. Le gravine non potrebbero esistere se oltre a particolari condizioni idrografiche non si fossero realizzate particolari e concomitanti condizioni geografiche, geologiche e climatiche. Fondamentale per comprenderne la genesi risulta essere inoltre lo studio della tettonica.

L'origine delle Murge è connessa allo scontro avvenuto nel Cretaceo superiore, circa 100 milioni di anni fa, tra la zolla africana e quella europea. In seguito allo scontro si originarono le Alpi e gli Appennini e si ebbe il sollevamento della cosiddetta "piattaforma appula", la futura area delle Murge,  costituita da una serie di strati di rocce calcaree, già frammentate in diversi blocchi distinti a causa degli scontri avvenuti tra le differenti zolle continentali.

Foto di Gianluca AbdreassiLe attuali Murge sono costituite essenzialmente da due unità litostratigrafiche, il calcare di Bari, più in basso e più antico, e il calcare di Altamura, più recente. Il primo raggiunge spessori di circa 2000 metri, mentre il secondo si avvicina ai 1000 metri. Il calcare di Bari non affiora nella Murgia tarantina. Su tali rocce calcaree hanno agito gli agenti meteorici originando i numerosi fenomeni carsici tuttora evidenti. Il carsismo è il principale fenomeno erosivo delle rocce carbonatiche: la fessurazione e la fratturazione dei banchi calcarei favoriscono, insieme alla loro stessa composizione chimica - mineralogica, i processi di dissoluzione e di corrosione legati alla circolazione dell'acqua meteorica nel sottosuolo.

Nel periodo successivo, Pliocene Medio - Superiore e Pleistocene, delle Murge attuali emergevano allora solo due isole, corrispondenti una all'area nord - occidentale e l'altra alle attuali Murge sud - orientali. Nelle aree invase dal mare si andarono a depositare sedimenti che cementandosi tra loro dettero origine a due altri tipi di rocce: la calcarenite di Gravina nelle aree costiere e le argille sub - appenniniche nelle zone di mare aperto, più profondo.

La calcarenite di Gravina, il comune "tufo", è una roccia sedimentaria organogena ( i suoi elementi sono cioè costituiti da frammenti fossili di gusci di molluschi e crostacei), a granulometria grossolana, di colore giallognolo, a causa delle alterazioni subite da parte degli ossidi ed idrossidi di ferro, o biancastro. Pur essendo anch'essa una roccia calcarea sedimentatasi in ambiente marino, presenta, rispetto al calcare del Cretaceo (calcare di Altamura), due importanti differenze: la prima riguarda l'ambiente in cui si è formata, a clima temperato e non più sub - tropicale, la seconda una notevole differenza di età. A tali differenze corrispondono proprietà meccaniche molto diverse, con una resistenza meccanica assai inferiore nella calcarenite: tale inferiore resistenza della calcarenite ha reso possibile l'attuale morfologia dell'area ed ha permesso il diffuso utilizzo della stessa per scopi edilizi.

Foto di Gianluca AbdreassiQuindi le parentele delle gravine vanno ricercate, più che nei fenomeni geomorfologici tipici dei climi umidi, in quelli cirenaici e sahariani, gli uadi, e in genere nelle formazioni tipiche dei deserti. In condizioni di aridità anche corsi d'acqua poveri e che scorrono su rocce difficilmente disgregabili sono in grado di scavare solchi profondi: i suoli denudati non producono infatti sedimenti e le rocce non forniscono detriti che vadano a colmare i corsi d'acqua o ne limitino la forza erosiva. In questo modo l'alveo mantiene il suo profilo scosceso, "giovane", non addolcito da fenomeni di sedimentazione.

Va comunque spiegata la resistenza alla disgregazione delle rocce calcaree: i calcari sono molto teneri se bagnati, ma diventano duri e tenaci quando sono secchi. Inoltre sulla loro superficie asciutta si forma una patina che costituisce un'ulteriore protezione al disfacimento. Si spiega così come anche magre quantità d'acqua possano continuare ad erodere il letto di una gravina costituito di calcari resi teneri dall'umidità, mentre le pareti, i cui calcari risultano secchi, duri e protetti dalla patina superficiale, conservano i profili scoscesi.

 

Foto di Gianluca Andresassi

 

Da un punto di vista vegetazionale, le gravine costituiscono delle vere singolarità, in quanto in esse si formano delle nicchie microclimatiche che permettono la sopravvivenza di specie rare ed endemiche. Nella gravina di Laterza per esempio sono state classificate ben 528 specie floristiche. Il fenomeno è riscontrabile anche nelle gravine più piccole, per esempio nella gravina di Riggio a Grottaglie, dove sono state individuate 321 varietà vegetali. L'eccezionale diversificazione nelle presenze vegetazionali si spiega anche con il fatto che le gravine permettono la coesistenza a brevissima distanza di ambienti diversissimi tra loro (dalle piattaforme rocciose alle cavità umide, dalle conche boschive ai pianori erbosi, dai pantani melmosi fino ai limpidi specchi d'acqua).Foto di Gianluca Andreassi

All'interno delle gravine si determina inoltre un'inversione termica e di umidità rispetto all'ambiente circostante. L'inversione termica è un fenomeno geoclimatico riscontrabile solo nelle valli strette e nelle gole calcaree, quali sono per esempio le gravine. In base a tale fenomeno, per la minore insolazione del fondo rispetto agli spalti, si ha un clima più fresco ed umido in basso e più caldo e secco in alto. All'inversione termica è di conseguenza legata un'inversione altimetrica della vegetazione, il che spiega la presenza di specie tipiche delle zone ombrose dell'Alta Murgia sul fondo delle gravine, a quote molto più basse (carpino orientale, acero campestre e minore, etc.).

 A questo quadro vegetazionale va sommata poi la millenaria attività antropica sulle originarie foreste che anticamente ricoprivano, in molte zone senza soluzione di continuità, l'intera area delle attuali Murge sud - orientali. Da almeno ottomila anni l'uomo, attraverso l'agricoltura e la pastorizia, ha contribuito ad una drastica modificazione dell'originario ambiente vegetale, introducendo tra l'altro volontariamente, ma spesso anche involontariamente, centinaia di nuove specie, (si pensi per esempio alle graminacee), arricchendo e variando ulteriormente la già ricca flora mediterranea. Del patrimonio naturale originario rimangono oggi solo alcune tracce, più o meno estese a seconda delle zone, formazioni vegetali che, a causa della notevole influenza antropica, quasi mai riescono a raggiungere lo stadio climax.

Ulteriore elemento di eccezionalità delle gravine è dato dal fatto che esse risultano essere le stazioni privilegiate, e a volte uniche, per molte delle cosiddette specie paleoegeiche, (specie quali la salvia triloba, la phlomis fruticosa, la campanula versicolor, l'euforbia arborea o l'asyneuma limonifolium), cioè quelle specie che, come il fragno, sono di origine balcanica, testimonianza dell'antico collegamento esistente nel Miocene tra la penisola balcanica e la Puglia.  

GLI INSEDIAMENTI RUPESTRI NELLA GRAVINA DI PALAGIANELLO

Foto di Gianluca Andreassi

Villaggio rupestre nella gravina di Pallagianello

Con il termine di civiltà rupestre si intende l’insieme delle complesse e differenziate realtà sociali e culturali, civili e religiose, legate all’esperienza del vivere in grotta, che hanno interessato dal VI al XIII secolo l’intera Italia Meridionale, continentale e insulare. Nelle case-grotta e nelle chiese-grotta si ritrova una vastissima documentazione inerente la vita, i valori religiosi, l’organizzazione sociale, le tecniche costruttive e le espressioni artistiche del Medioevo pugliese, che merita di essere riscoperta e valorizzata, rendendola fruibile per un pubblico il più vasto e differenziato possibile.

Foto di Gianluca AbdreassiLe ragioni di questa particolare scelta abitativa, alternativa ma non subalterna rispetto all’insediamento subdiviale, sono da collegare essenzialmente nella crisi delle strutture statali, nel progressivo declino delle città, nell’esigenza di difesa dalle continue e ripetute invasioni barbariche. La presenza delle gravine, fronte di cava naturale, e la relativa tenerezza della roccia tufacea locale, hanno inoltre facilitato l’attività di scavo e la conseguente formazione degli insediamenti.

Proprio le particolari condizioni ambientali hanno comportato un diverso modo di inventare e di creare forme abitative, utilizzando schemi costruttivi compatibili con l’impianto grottale. È proprio in questo adattamento alle specifiche condizioni ambientali che da un lato si coglie l’originalità e la specificità delle soluzioni adottate, dall’altro, allo stesso tempo, si percepisce la continuità culturale che caratterizza gli schemi urbanistici, la configurazione degli spazi, le forme artistiche.

Particolare importanza riveste il fenomeno rupestre nel periodo medievale, con due distinti periodi di massimo sviluppo: il primo si colloca nella prima metà del X secolo, durante la seconda colonizzazione bizantina; il secondo tra la fine dell’XI e il XIII secolo, durante il periodo normanno.

 Palagianello è storicamente strettamente legata al fenomeno della civiltà rupestre: l'attuale centro urbano sorge infatti immediatamente a ridosso della gravina omonima, difesa naturale dell'insediamento, sui cui spalti si è sviluppato in epoca medievale un complesso e articolato villaggio rupestre, forma insediativa per molti secoli complementare e non subalterna al centro sub divo.

Foto di Gianluca Andreassi
Il castello

Il villaggio rupestre si sviluppa in particolare sullo spalto orientale della gravina, immediatamente al di sotto del Castello (la cui costruzione fu iniziata nel secolo XVI dalla famiglia dei Domini Roberto e terminata sotto i Caracciolo). Sentieri e scalinate permettono ancora oggi di attraversare, almeno parzialmente, il villaggio rupestre, composto di decine di grotte scavate su più piani; i vani rupestri nella parte alta dello spalto sono stati utilizzati fino a pochi decenni fa ed oggi sono oggetto di interessanti forme di recupero da parte dell'Amministrazione Comunale e di privati.

Il villaggio rupestre è arricchito dalla presenza al suo interno di numerose chiese rupestri, alcune delle quali mantengono ancora oggi tracce degli affreschi originari: nella parte alta della gravina si trovano le chiese rupestri di San Girolamo (l'interno, di forma trapezoidale, è diviso in due aule; nella parete di fondo si aprono cinque nicchie, con quella centrale molto profonda e con due altari in quelle poste alle estremità, a configurare una sorta di santuario; rimangono tracce di affreschi databili al XIV e al XV secolo e numerose iscrizioni e sinopie di affreschi probabilmente mai portati a termine) e di Sant'Andrea (compromessa dall'apertura di una cava di tufi che ha distrutto l'insediamento vicino e alterato le caratteristiche architettoniche della chiesa; la chiesa risale al periodo altomedievale, ampliata in età bizantina e più volte rimaneggiata nel corso dei secoli; l'interno si articola in tre ambienti in successione, il nartece, l'aula e il bema; nella cripta rimangono tracce di alcuni affreschi appartenenti a differenti periodi storici, compresi tra il XII e la fine del XVI secolo). 

Foto di Gianluca AndreassiPiù in basso le chiese di San Nicola (localizzata a sud dell'abitato, risale al periodo altomedievale e per tutto il periodo medievale svolse le funzioni di cappella funeraria privata di un'importante famiglia locale; in una delle tombe ritrovate al suo interno è stato rinvenuto un tesoretto di monete veneziane del XV secolo; interessanti gli affreschi ancora presenti al suo interno, tra i quali una Deesis datata al XII - XIII secolo nella nicchia dell'abside), dei Santi Eremiti (la chiesa di piccole dimensioni è datata all'XI secolo e presenta interno trapezoidale estremamente semplice; interessanti gli affreschi conservati, databili al XII secolo, impreziositi dalla presenze di alcune iscrizioni dedicatorie) e la Chiesa Anonima (la chiesa, attualmente priva di affreschi, è una delle più antiche presenti nel territorio di Palagianello, pur essendo stata rimaneggiata più volte nel corso dei secoli per essere adibita ad usi agricoli; l'interno si caratterizza per la presenza di numerose nicchie, di diversa grandezza, affiancate lungo le pareti laterali; a destra dell'ingresso si trova un vano probabilmente destinato alle funzioni battesimali); sullo spalto occidentale, di fronte al centro storico, sono invece localizzate la chiesa di Santa Lucia (di probabile impianto altomedievale e ampliata nel X secolo; dall'ingresso posto lateralmente si accede nell'interno, estremamente semplice e articolato in due parti da un grande arco a tutto sesto su semipilastri; interessanti le numerose iscrizioni graffite sulle pareti della chiesa, mentre rimangono pochissime tracce degli affreschi originari) e il complesso di Iazzo Rivolta con la chiesa anonima (la chiesa risale probabilmente all'XI secolo ma, come molte altre, risulta ampliata in epoca successiva e riadattata poi come ricovero per il bestiame e deposito; nello spiazzo antistante sono state rinvenute due tombe).

Un patrimonio storico - culturale estremamente ricco quindi, meritevole di interventi di tutela e valorizzazione ed eccezionale valore aggiunto rispetto alle caratteristiche ambientali e naturalistiche della gravina.

 

IL PROGETTO LIFE NATURA

"CONSERVAZIONE HABITAT THERO - BRACHYPODIETEA SIC AREA DELLE GRAVINE

 

Il Comune di Palagianello è il soggetto proponente di un progetto LIFE Natura, cofinanziato dall'Unione Europea, dal titolo "Conservazione habitat Thero - Brachypodietea SIC Area delle Gravine", finalizzato alla tutela degli habitat prioritari presenti nell'area delle Gravine ed in particolare nel territorio del Comune di Palagianello.

L'Unione Europea con la Direttiva Habitat (92/92/CEE) vuole contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche. Le misure previste dalla Direttiva tendono ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario, tenendo presenti allo stesso tempo le esigenze economiche, sociali e culturali, nonché le particolarità regionali e locali.

Con la Direttiva Habitat si costituisce una rete ecologica europea di zone speciali di conservazione, denominata Rete Natura 2000: tale rete ecologica è formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell'allegato I della Direttiva e habitat delle specie incluse nell'allegato II della stessa Direttiva, e deve garantire il mantenimento ovvero, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di tali habitat. La rete «Natura 2000» comprende anche le zone di protezione speciale (ZPS) classificate dagli Stati membri a norma della direttiva 79/409/CEE (Direttiva Uccelli).

Tra gli habitat individuati alcuni sono considerati dalla Comunità quali habitat prioritari, quegli habitat cioè che rischiano di scomparire nel territorio degli Stati Membri e per la cui conservazione la Comunità ha una responsabilità particolare.

Foto di Gianluca AbdreassiTra gli habitat considerati prioritari rientra anche l'habitat del Thero - brachypodietea.

I siti caratterizzati dalla presenza dell'habitat prioritario del Thero - brachypodietea sono dominati da vegetazione erbacea annuale tipica di ambiente caldo - arido e si caratterizzano per la presenza di aspetti vegetazionali che rappresentano diversi stadi dinamici. Il nome di questo habitat deriva da Theros = annuale e da Brachypodium, che è un genere caratteristico di graminacee.

I percorsi substeppici di graminacee e piante annue, come viene anche definito l'habitat del Thero - brachypodietea, costituiscono uno dei più caratteristici ambienti presenti in Puglia, nelle tre grandi aree carsiche della regione, il Salento, il Gargano e le Murge.

L’habitat del Thero - brachypodietea, pur all’apparenza arido ed inospitale, risulta inoltre uno dei più ricchi per la presenza di specie faunistiche e uno dei più importanti per numerose di queste. La ricchissima presenza, soprattutto in primavera, di insetti che si nutrono delle piante presenti, attira in queste aree un numero considerevole di specie di uccelli: sono infatti almeno una decina le specie strettamente legate a questo ambiente, molte delle quali ritenute meritevoli di protezione da parte dell’Unione Europea. Molti rapaci frequentano la steppa alla ricerca di cibo (poiana, lanario, biancone, gheppio), ma tra di essi assume assoluta preminenza la presenza del falco grillaio, raro a livello europeo, ma presente con colonie molto numerose nella Murgia barese e materana.

Il progetto LIFE Natura proposto dal Comune di Palagianello, con la partecipazione di cinque partner altamente qualificati, parte dalla considerazione che una antropizzazione aggressiva e diffusa ha impoverito la biodiversità dell'ecomosaico ecologico delle gravine dell'arco ionico, riducendo a isole, sempre di minore estensione e prive di continuità tra loro, habitat prioritari come quello del Thero – Brachypodietea. La non consapevolezza dell’importanza della biodiversità tra i proprietari delle aree e tra le comunità locali fa sì che, anche gli habitat prioritari, siano considerati come terreni di possibile coltivazione per i primi e di inutilità per i secondi.

 

Obiettivi del progetto sono quindi:

  • la conservazione dei “patches” dei Thero – Brachypodietea esistenti;

  • la salvaguardia della biodiversità con appositi interventi sugli ecotoni, implementando la continuità del sistema e favorendo l’integrazione di specie ed  habitat; 

  • l’aumento della consapevolezza  sui temi della biodiversità tra la comunità locale.

Tali obiettivi potranno essere raggiunti solo attraverso la predisposizione di una strategia integrata, comprensiva di interventi ed azioni a breve, medio e lungo termine, fortemente condivisa dalle comunità locali e innovativa sotto il profilo scientifico e metodologico.